
Ángel Zárraga, Las futbolistas (Le calciatrici), particolare, 1922. Città del Messico, Museo de Arte Moderno
Il pittore messicano Ángel Zárraga dipinse numerosi quadri sul calcio e il rugby; in questo post ci occuperemo dei suoi ritratti di calciatrici: infatti, è stato il primo artista della storia a interessarsi al calcio femminile. Zárraga visse a Parigi, città in cui il calcio femminile ebbe un certo successo negli anni Venti; va detto che nei decenni precedenti le donne che decisero di giocare a calcio non ebbero vita facile. Per comprendere l’eccezionalità della situazione parigina negli anni Venti e l’importanza dei quadri di Zárraga bisogna riassumere brevemente la storia del calcio femminile dalle origini agli anni Venti del Novecento.
Le origini del calcio femminile
Le prime donne calciatrici si videro in Gran Bretagna, patria del football, già a fine Ottocento. Le fonti ricordano due club femminili, uno fondato a Glasgow nel 1881, l’altro a Londra nel 1895; entrambi dovettero smettere di giocare dopo pochi mesi. Infatti, se la società del tempo poteva tollerare che le ragazze giocassero a pallone nel cortile di casa loro, non accettava che fondassero un club di calcio e che si esibissero in pubblico. E questo per tre motivi: 1) il calcio era considerato uno sport esclusivamente maschile; 2) non si accettava che una donna facesse “cose da uomo”; 3) era ritenuto scandaloso che una donna si vestisse come un maschio.
In quell’epoca i ruoli sociali erano rigidamente definiti: la donna doveva essere bella per trovare marito, fare figli e diventare una buona moglie e madre. Come poteva fare tutto ciò – si pensava – se si metteva in ridicolo correndo dietro a un pallone su un campo fangoso, tirando calci e gomitate come gli uomini? Il calcio era considerato non solo poco femminile, ma anche minaccioso per la sopravvivenza della società: infatti, diversi medici dichiaravano, non si sa su quali basi, che faceva diventare brutte le donne, le mascolinizzava e, quel che era peggio per la società del tempo, le rendeva sterili.
Donne e calcio in tempo di guerra
Questo rigido controllo sulle donne si allentò durante la Prima Guerra Mondiale (1914-1918), quando la maggioranza degli uomini fu chiamata alle armi e dovette abbandonare casa e lavoro. Il posto tradizionalmente riservato ai maschi fu occupato dalle donne non solo in famiglia, ma anche nelle fabbriche, che dovevano continuare a produrre armi, munizioni e tutto ciò che l’esercito necessitava.

Edward Skinner, For King and Country (Per il re e il paese), 1916. Londra, Imperial War Museum © IWM (Art.IWM ART 6513)
Grazie al lavoro, le donne guadagnavano denaro e, grazie a questo, una certa indipendenza. In Gran Bretagna e in Francia molte ragazze iniziarono a dedicare il loro tempo libero al calcio senza doversi più scontrare con l’ostilità della società come in passato. Anzi, in Gran Bretagna nacquero vari club femminili, spesso legati a fabbriche, che svolgevano un ruolo che la società del tempo considerava molto importante: organizzare partite di calcio per raccogliere denaro da donare alle famiglie delle vittime di guerra. Tali incontri benefici potevano attirare un grande pubblico: ad esempio, sappiamo che oltre 50.000 spettatori assistettero al match tra Dick, Kerr Ladies e St. Helen Ladies il 26 dicembre 1920 al Goodison Park di Liverpool.
Tuttavia, la libertà che le donne avevano conquistato negli anni di guerra svanì gradualmente quando ritornò la pace. Le fabbriche preferirono dare lavoro agli uomini e licenziarono le donne, che dovettero tornare alle loro occupazioni tradizionali. La società ormai non aveva più bisogno del calcio femminile che, come a fine Ottocento, fu nuovamente accusato di essere pericoloso per la salute delle ragazze. Se in Gran Bretagna il calcio femminile fu bandito già nel 1921, in Francia poté sopravvivere ancora qualche anno.
Il calcio femminile in Francia
Dalla fine dell’Ottocento regnava in Francia una certa preoccupazione per un supposto peggioramento della razza. Per questo motivo, medici, pedagogisti e giornalisti consigliavano l’attività fisica non solo agli uomini, ma anche alle donne; infatti, pensavano che solo individui temprati dalla ginnastica avrebbero generato figli forti e sani. Pertanto, già prima della Grande Guerra nacquero società ginnastiche femminili che praticavano varie discipline; tra queste non c’era il calcio perché anche in Francia era considerato non adatto alle donne. Solo durante il conflitto varie società ginnastiche trovarono le condizioni favorevoli per aprire anche una sezione di calcio.
Va notato che in Francia il calcio era una delle tante attività fisiche che le donne svolgevano nelle società ginnastiche che, come si è visto, erano considerate utili per il miglioramento della razza. Fu grazie alla protezione di tali società che il calcio femminile poté svilupparsi. Molte società ginnastiche si unirono nel 1917 nella Fédération Féminine Sportive de France (FFSF) che nel 1919 organizzò il primo campionato di calcio femminile. L’epoca d’oro di questo sport fu la prima metà degli anni Venti, un periodo di relativa emancipazione femminile.
Già nella seconda metà del decennio la società francese cercò di allontanare le ragazze dal calcio e di avvicinarle al basket, che era considerato più adatto alle caratteristiche femminili. La crisi economica del 1929 ebbe tra le sue conseguenze in Francia un aumento dell’ostilità versò lo sport femminile in generale e il calcio in particolare; ciò portò a una forte riduzione del numero di calciatrici. Pertanto, nel 1933 la FFSF smise di organizzare campionati.
Le calciatrici di Zárraga
Negli anni Venti del Novecento Parigi era la città con il maggior numero di squadre di calciatrici; in una di queste giocava Jeannette Ivanoff, moglie di Zárraga. Il pittore la ritrasse nel 1922 in Las futbolistas insieme a due sue compagne di squadra.

Ángel Zárraga, Las futbolistas (Le calciatrici), 1922. Olio su tela, cm 146 x 114. Città del Messico, Museo del Arte Moderno
Affinché fosse ben chiaro chi erano le tre ragazze, Zárraga dipinse in basso a sinistra un foglio con la scritta: “da sinistra a destra Jeanne Zárraga, Henriette Comte, Therese Renaut del club Sportives de Paris campione di Francia di football femminile nel 1922. Ángel Zárraga pittore”. In effetti, nel 1922, le Sportives de Paris, vincitrici del campionato parigino, sconfissero 3 a 0 in finale le Sportives de Reims, aggiudicandosi così il titolo nazionale. Nel quadro le tre calciatrici stanno in piedi in primo piano; indossano scarpe con tacchetti, calzettoni neri con linee arancioni, calzoncini neri e magliette arancioni con la S di Sportives de Paris. Ai loro piedi c’è un pallone da calcio; alle loro spalle una staccionata bianca, di là della quale altre calciatrici si allenano di fronte ad alcuni spettatori. Sullo sfondo si vedono case e, a destra, la ciminiera di una fabbrica. Ciò che risalta nelle tre calciatrici è la poderosa muscolatura delle gambe, dettaglio che avrà sicuramente turbato chi, nella Parigi degli anni Venti, sosteneva che il calcio mascolinizzava le donne. Per dimostrare che questa teoria era errata, Zárraga esaltò nelle sue calciatrici dettagli tipicamente femminili come i lineamenti delicati, gli orecchini e le acconciature curate. Inoltre, fece riferimento all’iconografia delle Tre Grazie che, nella mitologia greco-romana, erano dee che donavano agli uomini allegria e gioia di vivere. In Las futbolistas Zárraga ha dato un’interpretazione moderna di questo tema, che nel corso dei secoli è stato trattato da vari artisti: Raffaello, Rubens, Canova, ecc. Il quadro dava della donna un’immagine nuova e quasi rivoluzionaria per l’epoca di Zárraga: infatti, raffigura tre ragazze forti, atletiche, sportive, sicure di sé e moderne (si noti, ad esempio, l’orologio al polso di Therese Renaut).
Un’immagine della donna ugualmente innovativa si trova anche in La futbolista morena del 1926.

Ángel Zárraga, La futbolista morena (La calciatrice bruna), 1926. Olio su tela, cm 145 x 90. Collezione privata
A differenza del quadro precedente, Zárraga non ci fa sapere chi sia questa ragazza che ci osserva con aria di sfida, le mani sui fianchi e un piede poggiato su un pallone da calcio. Indossa calzettoni e calzoncini rosso neri e una maglietta rossa con le lettere NF, che si riferiscono alla società Nova Femina. La calciatrice è truccata, porta grandi orecchini rossi e, soprattutto, ha i capelli corti: va ricordato che uno dei principali segni di emancipazione femminile nella Parigi degli anni Venti era proprio la chioma corta.
Anche l’identità della sportiva raffigurata in La futbolista rubia del 1926-27 è sconosciuta: è una ragazza con i capelli corti come La futbolista morena che, a differenza delle calciatrici degli altri due ritratti, tiene il pallone in mano.
Indossa calzoncini marroni, calzettoni gialli e maglietta dello stesso colore con le iniziali della società ginnastica parigina Académia. Va notato che La futbolista rubia non ha né l’aria di sfida di La futbolista morena, né la possente muscolatura di Las futbolistas. In sostanza, il quadro dà un’immagine molto più addolcita delle giocatrici di football; forse con questo dipinto Zárraga voleva dimostrare che il calcio non rendeva le ragazze né aggressive, né brutte, né mascoline come invece sostenevano, con sempre maggiore insistenza, medici, pedagogisti e giornalisti nella Francia della seconda metà degli anni Venti.
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