
Mario Moschi, Stop in corsa, 1932-1937. Bronzo. Berlino, Friedrich Ludwig Jahn Sportpark (vista da nord)
Pochi sanno che in un parco del centro di Berlino si trova la più antica statua sul calcio esposta in un luogo pubblico della Germania e che è opera di un artista italiano. Si intitola Stop in corsa, fu realizzata nel 1932 dallo scultore toscano Mario Moschi (Lastra a Signa, 6 maggio 1896 – Firenze, 30 maggio 1971) e raggiunse la sua attuale ubicazione nel 1937, in piena epoca nazista. Il parco che la ospita si chiama oggi Friedrich Ludwig Jahn Sportpark ed è una vasta area dedicata allo sport nel cuore dell’ex Berlino Est. L’intitolazione a Friedrich Ludwig Jahn – il padre del Turnen, la ginnastica ottocentesca nazionalista e militaresca – fu decisa dalle autorità della DDR comunista nel 1952. In precedenza l’area era nota come Park zur Einsamen Pappel (parco al Pioppo Solitario), prima ancora era una piazza d’armi dell’esercito, la Exerzierplatz zur Einsamen Pappel (piazza d’armi al Pioppo Solitario), che nel 1912 divenne proprietà della Città di Berlino.

Ernst Limmer, Fußballspiel auf dem Exerzierplatz “Einsame Pappel” (Partita di calcio nella piazza d’armi “al Pioppo Solitario”), 1892
Fu qui che, negli anni Ottanta del secolo XIX, si iniziò a giocare a calcio nella capitale tedesca come ci ricorda la stampa Fußballspiel auf dem Exerzierplatz “Einsame Pappel” di Emil Limmer del 1892, la prima testimonianza artistica di questo sport a Berlino. Al Pioppo Solitario giocò le sue prime partite il più famoso club di calcio della città, il Berliner Sport Club Herta, fondato nel 1892. Stop in corsa si trova quindi in un luogo rilevante per la storia del calcio a Berlino; ma come vi ci arrivò nel 1937?
Partiamo col dire che il suo autore, Mario Moschi, era negli anni Trenta uno scultore di successo in Italia; le sue opere, apprezzate per l’equilibrio, il rigore compositivo e la chiarezza nell’esporre i contenuti, erano interpretazioni moderne della tradizione classica antica e dei maestri del Rinascimento toscano (Donatello e Michelangelo). Ciò è evidente soprattutto nelle sculture che dedicò allo sport, tema che già per i futuristi era uno dei simboli della modernità. Va aggiunto che in epoca fascista lo sport acquisì grande importanza dal punto di vista educativo e da quello propagandistico. Infatti, da un lato l’attività sportiva era ritenuta utile per fortificare fisicamente e mentalmente gli italiani e trasformarli in uomini d’azione dediti alla conquista e alla vittoria; va ricordato che lo sport era associato a idee cardine del fascismo come il dinamismo, la forza, l’audacia, la giovinezza, lo spirito combattivo e la prestanza fisica. Dall’altro lato, lo sport – e in particolare il calcio – era considerato dal regime un ottimo strumento di controllo sociale e di propaganda politica. Dalla fine degli anni Venti il fascismo promosse la costruzione di stadi capienti e avanguardistici ed esaltò le vittorie sportive italiane; l’obiettivo era proiettare all’estero l’immagine di un paese giovane, forte e vincente: lo sport – soprattutto il calcio – divenne quindi uno strumento di politica estera. Per questo il fascismo incoraggiò la rappresentazione dello sport in ogni ambito, anche in quello artistico; non è un caso che, dalla seconda metà degli anni Venti, vari artisti – tra i quali Moschi – abbiano trattato temi sportivi, con preferenza per il calcio.
Tra le statue sportive di Moschi, quella di maggior esito è senza dubbio Stop in corsa. L’artista la presentò con successo nel 1933 alla Prima mostra del Sindacato Nazionale Fascista di Belle Arti di Firenze e, nel 1934, alla XIX Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia; qui entusiasmò critica e pubblico tanto che ricevette il premio del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI). Stop in corsa entrava così in ambito “olimpico”; pertanto, non sorprende che, due anni dopo, fosse inviata all’esposizione d’arte organizzata a Berlino nel 1936 in occasione dell’undicesima edizione dei Giochi Olimpici. Qui l’opera di Moschi fu acquistata dal Consiglio Municipale di Berlino, che circa un anno dopo la fece disporre su un piedistallo in pietra di circa tre metri nel parco “al Pioppo Solitario” per ricordare il luogo in cui il calcio ebbe il suo inizio nella capitale tedesca. La statua fu inaugurata il 17 agosto 1937 alla presenza di delegati del partito nazionalsocialista e dell’ambasciata italiana; si ricordi che la Germania nazista e l’Italia fascista avevano firmato un’intesa politica (l’Asse Roma-Berlino) solo pochi mesi prima, il 25 ottobre 1936. Non è da escludere che le vittorie della nazionale italiana di calcio abbiano contribuito al successo della statua di Moschi: in quegli anni gli azzurri vinsero la Coppa Internazionale nel 1927-30 e nel 1933-35, la Coppa del Mondo FIFA nel 1934 e la medaglia d’oro nei Giochi Olimpici di Berlino del 1936.

Mario Moschi, Stop in corsa, 1932-1937. Berlino, Friedrich Ludwig Jahn Sportpark (vista da nord con piedistallo)
Dal punto di vista artistico Stop in corsa esibiva un linguaggio “classico” e realistico di facile comprensione; pertanto, nella Berlino del 1937 sembrava conforme alle direttive sull’arte imposte dal nazismo. Va ricordato che Hitler era ostile a qualsiasi tipo di modernismo o avanguardia e, per quel che riguarda l’arte sullo sport, considerava il Discobolo di Mirone del 455 a.C. il modello da seguire. Tra gli scultori contemporanei, i preferiti del führer erano Josef Thorak e Arno Breker, autori d’imponenti nudi maschili all’antica che avevano ben poco delle proporzioni e dell’armonia dell’arte classica; le loro opere assecondavano piuttosto gli ideali nazionalsocialisti e idealizzavano la supposta perfezione dell’uomo “ariano”. La statua di Moschi, pur essendo estranea all’avanguardia, era molto lontana da questo tipo di scultura perché effigiava un atleta in divisa da calciatore e non nudo come una divinità greca; inoltre il suo tema era un gioco di squadra moderno e non una disciplina atletica all’antica; infine non esaltava la presunta superiorità fisica di una razza, ma uno sport. Come suggerisce il titolo, Stop in corsa rappresenta il momento in cui un calciatore lanciato in velocità controlla il pallone. Sebbene l’opera abbia uno stile realista, non imita la realtà; infatti, nessuno potrebbe fermare in quel modo un pallone senza cadere a terra; anche la posizione simmetrica delle braccia è innaturale. L’obiettivo di Moschi non era imitare un’azione di gioco, ma rappresentare le qualità fisiche e morali del perfetto calciatore. L’artista ci dà l’idea della prestanza fisica dell’atleta modellando il suo corpo e i suoi arti possenti in modo essenziale, senza inutili dettagli. La disposizione irrealistica del pallone, delle gambe e delle braccia risponde all’esigenza di creare un insieme indipendente, una sorta di architettura di forme che suggerisca allo spettatore virtù come l’autocontrollo e l’equilibrio. Come si è detto, la statua rappresenta il momento in cui il calciatore in corsa controlla il pallone, un gesto apparentemente semplice, che però richiede grande tecnica calcistica, la qualità che Moschi doveva considerare più importante. Il volto dell’atleta è concentrato sull’azione e i suoi obiettivi, che sono il gol e la vittoria; anche in questo caso, con una sintesi formale degna dell’arte classica Moschi suggerisce qualità essenziali per uno sportivo vincente come la determinazione e lo spirito competitivo.
La statua di Moschi fu risparmiata dalle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale; terminato il conflitto, si ritrovò nell’area di Berlino controllata dall’Unione Sovietica. Come altri paesi comunisti, la Germania Est diede risalto all’attività fisica. Il parco che ospita Stop in corsa divenne sede di un’importante manifestazione sportiva annuale, i “Giorni Olimpici dell’Atletica Leggera”; inoltre, vicino alla statua fu costruito lo stadio in cui giocava il Berliner Fußball Club Dynamo, il club della STASI, il temibile Ministero per la Sicurezza dello Stato della DDR. Nella Berlino Est comunista pare che nessuno abbia dato importanza al fatto che Stop in corsa fosse un retaggio dell’epoca nazista; per tutti era solo una bella statua sul calcio in un luogo importante per la storia di questo sport in città. Ancora oggi è così. Evidentemente in Stop in corsa Moschi ha saputo trasmettere un messaggio in cui tutti gli sportivi si possono riconoscere, a prescindere dalle ideologie politiche.

Mario Moschi, Stop in corsa, 1932-1937. Berlino, Friedrich Ludwig Jahn Sportpark (vista da sud/ovest con piedistallo)
Per saperne di più si veda quest’altro articolo pubblicato su Gli Eroi del Calcio.
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